Documenting the Commemoration of Pope Francis' Death - In Photos
Nell'ultima settimana, in Vaticano e a Roma, ho documentato per Die Zeit le celebrazioni per la morte di Papa Francesco: un momento che unisce fede, tradizione, misticismo, cultura e politica.

Documentare la morte di un Papa è forse uno degli eventi più solenni e imponenti del nostro tempo. Un momento in cui il sacro e il profano si stringono la mano davanti agli occhi del mondo. Un momento di riflessione collettiva. Circa quattrocentomila persone radunate tra le strade di Roma. Più di 50 capi di Stato, un esercito silenzioso di cardinali, vescovi, diaconi. Il funerale di un uomo che ha predicato la povertà e la misericordia verso i più vulnerabili, schierandosi apertamente contro la guerra e il massacro in corso a Gaza. Un Papa che ha unito e diviso, perché non a tutti piace stare dalla parte degli ultimi. Un Papa che si è dedicato alla causa del clima, cominciando dalla sua enciclica Laudato Si', dove ha affrontato temi urgenti, come la tutela ambientale, il cambiamento climatico e la giustizia sociale.
Come spesso accade nella vita di un giornalista freelance, i piani — ammesso che esistano — vengono travolti dal flusso degli eventi. Ero a Pineto, nel mio Abruzzo, con i piedi nella sabbia e la mente lontana. Tornato per respirare un po’ di quiete con la mia famiglia e lasciare che il tempo scorresse senza pretese.
Poi, il 21 aprile, la notizia: il Papa è morto.
Si ha sempre troppo poco tempo per elaborare. Mi contatta Die Zeit, il settimanale tedesco con cui avevo già lavorato in Ucraina e in Israele. “Puoi documentare per noi la morte del Papa?” Accetto. In quei momenti la vita familiare sembra svanire, dando inizio a una corsa senza sosta. Tuttavia, è proprio grazie alla mia famiglia, in particolare a Francesca, che comprende e condivide l'importanza di questo lavoro, che posso prendere incarichi del genere.
Ero quindi in vacanza e con l’attrezzatura ridotta minimo. Sufficiente per lavorare, ma troppo poco per le distanze che un evento come questo avrebbe imposto e con il rischio concreto di perdere parte della narrazione. Anche se in assignment, un freelance deve spesso gestire la logistica necessaria per per arrivare a fare le foto, dai trasporti agli spostamenti, al posto dove stare. È fondamentale considerare le distanze per ridurre la stanchezza, perché le energie serviranno, e per ottimizzare il tempo, che comunque sarà sempre poco. Prenoto al volo un appartamento a Roma, nei pressi di Castel Sant'Angelo, e poi chiamo Canon. Come Canon Ambassador ho il privilegio di poter contare sul loro supporto: in due giorni un nuovo corpo macchina, la R3, e un 100-500mm arrivano a destinazione. Ora posso lavorare come sempre, con due macchine con ottiche fisse (e teleobiettivi, se necessari).
Il primo vero ostacolo è stato l’accredito. In un evento di tale portata, che coinvolge migliaia di giornalisti, troupe e fotografi da tutto il mondo, solo entrare è un’impresa. Avevo già ricevuto la lettera di accredito dal giornale e posso dire che mi è andata relativamente bene: in meno di tre ore avevo il pass al collo, ma ci sono stati colleghi che hanno dovuto aspettare cinque, sei ore, immersi nella confusione.
Roma, intanto, cominciava a cambiare volto: le transenne, i controlli, le uniformi, le processioni laiche e spirituali e i fedeli in cammino. Alcuni in silenzio, altri in preghiera, altri solo curiosi. Una processione infinita che scorreva come un fiume verso piazza San Pietro, ognuno con il proprio motivo, la propria memoria, la propria ferita o gratitudine da portare.

C’era il rischio — da qui il 100/500mm — di dover lavorare da lontano. Pool contingentati, accessi limitati, posti contesi. E così è stato, almeno all’inizio. Ma la distanza, se accettata, può diventare una risorsa. Ti costringe a cercare altrove. A muoverti tra la gente, a osservare meglio. Così ho iniziato da lì: unendomi ai fedeli, camminando con loro, aspettando in fila ascoltando i loro racconti. Ho provato ad avvicinarmi alla storia senza pretenderla, lasciandomi portare. Così anche questa volta, ho lavorato quasi solamente con il 35mm, una lente che ti obbliga a stare dentro, non sopra. In mezzo alla folla, tra mani giunte, lacrime discrete e sguardi rivolti verso l’alto, ho trovato le immagini che cercavo. Non la grandezza del potere, ma la fragilità dell’attesa.

Anche in eventi di questa portata cerco una fotografia che vada oltre la cronaca. Portare a termine il lavoro è essenziale, ma è il linguaggio scelto a dare senso alla fotografia. E allora ti chiedi: come raccontare la fine terrena di chi, per milioni, è stato guida e simbolo del divino? Forse con immagini sospese, che non danno risposte ma aprono domande. Un dettaglio, una luce, un gesto che contenga dentro di sé un frammento del mistero. Più che i fatti, mi interessa ciò che li attraversa: il senso, il silenzio, il non detto. È lì che ho provato a scattare, per evocare quell’emozione sottile e profonda che attraversa chi guarda, chi prega, chi semplicemente è presente.


Lavorare per una testata come Die Zeit comporta un continuo confronto con le esigenze editoriali, che richiedono immagini più dirette, capaci di spiegare e contestualizzare l’evento. Trovare un equilibrio tra queste necessità non è sempre semplice. È proprio in questa tensione che nasce la fotografia che cerco: un tipo di immagine che si colloca lungo una sottile linea rossa, tra il raccontare il reale e il tentativo di sussurrare l’invisibile. Una pratica in cui ogni scatto diventa un modo per ricordare e, allo stesso tempo, per mettersi in discussione, cercando sempre nuove strade e forme di espressione.


Qui seguono alcune pubblicazioni uscite su Die Zeit relative alla copertura delle celebrazioni per la morte di Papa Francesco.





Le fotografie che vorrei condividere con voi sarebbero molte di più, ma lo spazio qui è limitato. Tornerò a Roma la sera del 6 maggio, in vista dell’inizio del Conclave previsto per il 7. Non si sa quanto durerà, ma resterò lì per documentarlo, in attesa della fumata bianca. Seguirà una nuovo newsletter, dopo l'elezione del nuovo Papa.
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Grande! Bello il racconto di come sei arrivato a scattare così. Grazie.
Complimenti! Bellissime foto come sempre!